Il volume ripercorre la storia dell’oreficeria milanese nel suo periodo di maggior sviluppo, tra la metà del Quattrocento e i primi decenni del XVII secolo. La presenza a Milano di artisti straordinari quali Leonardo da Vinci, Caradosso, Annibale Fontana, e di botteghe specializzate come quelle dei Miseroni, dei Rossi e dei Saracchi, consentì il raggiungimento di altissimi livelli qualitativi e l’elaborazione di originali invenzioni iconografiche, tali da attirare compratori da tutta Europa.
La gran parte dei preziosi prodotti da questi sapienti artigiani è stata oggetto nel corso del tempo di perdite e manomissioni. Dunque, sono soprattutto le carte d’archivio (in special modo le liste dotali, i testamenti e gli inventari) e la pittura coeva a testimoniare quanto questo gusto per il lusso abbia improntato la moda e il costume del tempo.
Già l’immagine scelta per la sovraccoperta del volume – il ritratto di Bianca Maria Sforza attribuito ad Ambrogio De Predis e conservato alla National Gallery of Art di Washington – ci mostra la futura sposa di Massimiliano I sontuosamente abbigliata: da una cuffietta a reticella trapunta di perle e bordata di pietre preziose pende sulle tempie un gioiello araldico in forma di scopetta riportante il motto “merito et tempore”; una fila di perle avvolge il cosiddetto “coazzone”, la lunga treccia che scende sul dorso, acconciatura in voga tra le dame milanesi di fine Quattrocento; perle tonde e gemme dal taglio squadrato caratterizzano anche la collana e la cintura, accessorio quest’ultimo da intendersi come simbolo di castità prematrimoniale legato al rituale delle nozze.
Questa breve descrizione fa intuire quanto i monili fossero utilizzati non solo come esibizione di lusso, ma anche per la loro funzione simbolica.
Affrontato il tema del funzionamento delle botteghe orafe, delle leggi suntuarie che ne influenzavano la produzione, dei materiali e delle tecniche di lavorazione, delle iconografie più utilizzate, uno dei capitoli più interessanti del volume è dedicato proprio alle varie tipologie di gioielli sulla base della loro funzione. Abbiamo così i gioielli profumati, in cui sostanze come il muschio, l’ambra e lo zibetto venivano ingabbiate nel metallo, allo scopo di combattere gli odori forti e sgradevoli in un’epoca in cui l’igiene della persona non era pratica tanto diffusa.
Ai gioielli magici, invece, era attribuito un potere terapeutico, quasi fossero talismani in grado di allontanare epidemie e pestilenze, di proteggere la salute e di allontanare gli influssi malefici; a tale scopo gli orefici attingevano spesso ai materiali impiegati nella farmacopea, come unghie, peli, artigli e corni di animali, anche se il materiale maggiormente utilizzato era il corallo – la cui storia simbolica ha origini molto antiche – e le gemme a cui venivano attribuite particolari virtù. Raffigurazioni quali l’agnello, le croci, i santi, erano tipiche dei monili religiosi e devozionali, mentre diamanti e rubini erano adottati nella gioielleria nuziale. Iniziali, cifre, motti, emblemi e ritratti caratterizzavano invece i gioielli araldici, spesso eseguiti su commissione e modellati in base ai tratti specifici della persona che avrebbe dovuto indossarli.
Articolato in sette capitoli, il libro si chiude con una serie di biografie dedicate agli artisti meglio documentati, a cui seguono un’ampia bibliografia ordinata cronologicamente e un indice degli artisti e dei gioiellieri.
Da segnalare, infine, il ricco repertorio fotografico che permette di apprezzare appieno, anche grazie all’illustrazione di dettagli ingranditi a tutta pagina, la raffinatezza degli esemplari raffigurati.
Editore Silvana Editoriale, Milano
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