Dal primo novembre 2017 è stata chiusa al pubblico la sede storica del Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci” (MNAO) a Palazzo Brancaccio in Via Merulana a Roma e nel frattempo è stato avviato il trasferimento del Museo stesso all’ Eur.
Dagli stucchi dorati e dagli affreschi neobarocchi l’Istituzione passa così agli algidi edifici piacentini di Piazza Marconi. Qui sono ubicati anche gli altri tre musei nazionali che costituiscono il Museo delle Civiltà a cui anche il MNAO è stato accorpato nel 2016: il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini”, quello delle Arti e Tradizioni Popolari, quello dell’Alto Medio Evo.
Un progetto duramente contestato da studiosi, da artisti, da operatori del settore, dal pubblico eppure fermamente voluto dalla Pubblica Amministrazione non solo per razionalizzare il settore dedicato alle culture extraeuropee ma soprattutto nell’ottica di una spending review.
Si conclude così un intenso capitolo di storia lungo quasi 60 anni con la temporanea chiusura di un museo che vanta una collezione di circa 40.000 esemplari di inestimabile valore che fanno dell’Istituto un punto di riferimento imprescindibile a livello internazionale per studi e ricerche di primario interesse per la conoscenza dell’artigianato artistico e per le arti applicate dell’oriente.
Era già da tempo nei progetti di Golconda Arte redigere un articolo sul Museo: a seguito dell’accaduto ne tracciamo comunque oggi un sintetico profilo per conservare memoria di “quanto è stato", in attesa di poter descrivere “quello che sarà”.
Per comprendere a fondo quale sia stato l’impatto emotivo di questa decisione vorrei dare prima però testimonianza di quanto accaduto l’ultimo giorno di apertura del Museo.
La mobilitazione e i saluti di intellettuali ed appassionati
Alle 19 del 31 ottobre si sono chiuse per sempre le porte della sede storica del Museo a Palazzo Brancaccio. Si è posto così termine a un acceso dibattito e a una serie di azioni - petizioni, manifestazioni, accorati appelli, post - che si sono sviluppate negli ultimi mesi intorno alla chiusura e al trasferimento del Museo.
I numerosi visitatori di quest’ultima giornata - fra cui l’artista Luigi Ontani e l’esploratore e scrittore Stefano Malatesta - si sono attardati oltre l’orario di chiusura nelle sale per cogliere un ultimo scatto, per lanciare un ultimo sguardo.
Nel mitreo del Palazzo si è svolta, allora, una sorta di “azione” guidata dalla poetessa Bianca Menna, una dei più noti esponenti della poesia visiva, sonora e performativa italiana contemporanea: una “performance” durante la quale gli astanti, uniti in una catena circolare di energia positiva, hanno espresso i loro migliori auspici per il Museo. Poi, salutando il Museo con un simbolico sventolio di fazzoletti bianchi, il piccolo corteo ha guadagnato l’uscita.
Se molti coltivano il dubbio che non siano state fatte le scelte ottimali per il Museo, per le sue collezioni, per i suoi laboratori, per il suo bacino d’utenza, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, sostiene invece che non si tratta di una chiusura ma di un trasferimento; non di un addio, ma di un arrivederci.
Gli interrogativi: quale futuro per il MNAO?
Ma quando e dove? Secondo l’opinione di molti l’area destinata a questo nuovo polo museale è poco accessibile, lontana dai circuiti turistici: insomma una sorta di “cimitero dei musei”. E quali saranno i tempi? Secondo le previsioni di Filippo Maria Gambari, direttore del Museo delle Civiltà, “Nel 2019 saranno aperti gradualmente tutti i nuovi allestimenti delle sezioni d’arte orientale, aggiornati e finalmente resi consoni ai principi più avanzati della museografia europea, nei nuovi spazi INAIL … con caffetteria, bookshop, oggettistica e tutto quanto risulta indispensabile per un museo nazionale contemporaneo, concepito come aperto e inclusivo”.
E ancora: si potrà vedere il Museo nella sua interezza? Saranno sufficienti i nuovi spazi - molti dei quali ancora da ristrutturare - per la vastissima Collezione? Si troveranno le ingenti risorse economiche necessarie? Che fine faranno gli uffici e i servizi - dalla Biblioteca all’Archivio fotografico, ai Laboratori di Restauro e così via - attualmente esistenti, corollario e supporto dell’attività del Museo? Ecco i quesiti che si pongono gli studiosi e gli appassionati di storia delle arti orientali; queste sono le preoccupazioni di Donatella Mazzeo che ha diretto il Museo per più di venticinque anni (dal 1979 al 2005); sono questi i temi su cui si interrogano quanti vedono nella sede storica di Palazzo Brancaccio e nel quartiere ormai multietnico dell’Esquilino l’ubicazione più congeniale del Museo stesso.
Come è nato e cresciuto il Museo Nazionale di Arti Orientali Giuseppe Tucci
Il Museo fu istituito nel 1957 grazie a un accordo fra il Ministero della Pubblica Istruzione e l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO), Istituto fondato da Giovanni Gentile (1875-1944) e Giuseppe Tucci (1894-1984) nel 1933 per promuovere i rapporti fra l’Italia e i Paesi Asiatici. A volerne la costituzione fu proprio Giuseppe Tucci, orientalista e tibetologo di rilievo internazionale che aveva già a suo attivo numerose spedizioni scientifiche in India, nel Tibet e nel Nepal. Il nucleo iniziale delle collezioni è formato dai reperti depositati dall’IsMEO e provenienti dalle sue missioni archeologiche in Iran, Afghanistan e Pakistan, oltre che da oggetti raccolti in Nepal e Tibet da Giuseppe Tucci tra il 1928 ed il 1954.
Il patrimonio si è poi incrementato nel corso degli anni grazie ad acquisti effettuati dallo Stato, a donazioni da parte di privati ed enti, nonché a scambi con vari stati asiatici. È inoltre di fondamentale rilievo la donazione dell’intera collezione di Giuseppe Tucci - a cui è stato intitolato il Museo nel 2010 - effettuata dai suoi eredi.
Una collezione unica al mondo
La Collezione del MNAO - unica al mondo - è vastissima e eterogenea. Beni di importanza eccezionale sia per il numero che per la qualità e varietà delle opere che provengono da un’area molto ampia - che si estende dall’India al Giappone, dalla Cina alla Corea - abbracciando un arco di tempo che va dalla Preistoria ad oggi. Per dare un’idea a grandi linee prendendo spunto dagli ultimi allestimenti vi si trovano: reperti di Archeologia del Vicino e Medio Oriente antico; Archeologia e arte del Mondo Islamico; Arte del Gandhara; Arte del Tibet e Nepal; Arte dell’India; Pittura e Grafica di Cina, Corea, Giappone; Archeologia e arte della Corea; Arte Buddhista in Cina.
Fra le tante testimonianze si segnalano ceramiche, vasi in terracotta, suppellettili, gioielli, armi, oggetti di bronzo e ferro, oggetti da toeletta, monete, tessuti, miniature, rilievi dell’arte del Gandhara, manufatti riferibili all’arte dei Grandi Imperi (Achemenidi, Parti e Sasanidi). E ancora: preziosi thangka, statue in lega metallica rappresentanti Buddha, Bodhisattva nonché divinità hindu; oggetti rituali pertinenti alla religiosità buddhistica e induistica; dipinti e xilografie dalla Cina, dalla Corea e dal Giappone; statue lignee, che testimoniano la progressiva sionizzazione dei modelli iconografici indiani.
Tutti elementi che illustrano i molteplici aspetti - toreutica, gioielleria, glittica, numismatica, scultura, ceramica, calligrafia, tessitura - dell’arte, della cultura, della religiosità dei Paesi e dei periodi storici rappresentati.
Non solo un museo
Negli anni le strutture del Museo si sono arricchite di uffici e servizi utili allo svolgimento delle sue attività fra cui una Biblioteca specializzata, un Laboratorio di restauro, un Archivio fotografico, un Archivio delle collezioni orientali in Italia, un Servizio di Bioarcheologia e microscopia elettronica, un Servizio educativo.
Fanno parte dei compiti del Museo oltre alla tutela degli oggetti artistici ed archeologici provenienti dai Paesi Asiatici, e alla promozione della conoscenza delle culture asiatiche, anche il controllo del transito doganale dei beni culturali per evitare la dispersione delle collezioni pubbliche come private e la consulenza alle Istituzioni pubbliche nelle materie di propria competenza.
Il futuro prossimo
Cosa ci aspetta in futuro? Augurandoci che sia smentita quella che i detrattori del progetto temono sia una lenta sparizione programmata, aspettiamo di rivedere parte delle collezioni del MNAO come annunciato dal Ministero, già a partire da dicembre 2017 con la mostra “Aperti per lavori”.
Golconda arte, da parte sua, seguirà l’evolversi della situazione dandone via via notizia, auspicando che si tratti veramente di un “arrivederci” e non di un “addio”; che siano rispettati i tempi di allestimento ed apertura e che si verifichi quanto affermato oggi da Filippo Maria Gambari: “Nel nuovo Museo delle Civiltà il MNAO manterrà la propria identità (e l’intestazione a Giuseppe Tucci)… e si potrà finalmente aprire anche a tutta una serie di visioni trasversali e rivolte ad un’utenza più ampia, in una logica di presentazione non solo di oggetti ma di culture, civiltà e occasioni di dialogo e relazioni interculturali”.
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